Sonata per Archi di massimo antonelli
Molti anni fa, Filippo Centenari, un mio amico artista cremonese, mi regalò una sorta di stampo che serviva per sagomare i violini, una semplice forma in legno rozza e senza manico. È noto che Cremona sia la patria dei violini e dei liutai, e mi disse: ‘”Tieni, vedi di farci qualcosa”. Passò del tempo e il violino restava attaccato al muro del mio studio. “Cosa ne farò mai di un violino, io che ho adottato come mezzo espressivo la grattugia?”. Ma per una elaborata associazione di idee, quel violino mi spinse ad acquistare una grattugia per noce moscata, che si adattò in modo meraviglioso sulla pancia del grezzo violino. Trovai il titolo SONATA PER ARCHI, un metaforico grido di rabbia contro il malcostume sociale e politico imperante negli ultimi anni sul nostro pianeta. Da quel violino feci uno stampo in gesso e ne ricavai delle forme in creta. Realizzai diciotto violini, smaltati in diversi colori. Li esposi ad una collettiva dal titolo FUORI GIOCO.
A distanza di tanti anni, Lillo Bartoloni mi invita di nuovo ad esporre alla Fondazione Besso. “Mi raccomando, tutta ceramica!” esclamò prima di salutarmi.
“Che bello, libertà assoluta”, pensai, e la mia mente andò ai violini. Nel tempo ne avevo realizzati un bel po’, e l’idea di portare l’installazione al centro di Roma, a Largo Argentina mi piaceva tanto, la trovavo indovinata. Non so bene perché, forse il traffico, i palazzi, lo stridore della città… Ma c’era qualcos’altro che bussava alla mia mente, ma non afferravo ancora cosa. Ma come mi era già successo anni prima, le idee si associano, e da dietro la porta che bussava mi apparì il Portico d’Ottavia, il ghetto ebraico. I violini, gli ebrei…. Tiro fuori i miei cinquantasei violini di creta smaltati che avevo costruito per un evento provocatorio, ma che non avevano niente a che fare con la Shoah. E invece era la Shoah che stava venendo dai miei violini. Ho cominciato ad approfondire la storia dei violini della Shoah. Ho letto i tragici destini dei personaggi legati al violino di Auschwitz, e la storia del Collin-Mézin, custodito al Museo Civico di Cremona (guarda la coincidenza, ancora Cremona!).
Ritorno frastornato e incredulo con la mente alla mia mostra di violini. Come in passato, la mostra si chiamerà SONATA PER ARCHI come il titolo dell’installazione, ma avrà un significato aggiunto, quello che ricorda la Shoah.
L’installazione nella seconda stanza, raccoglie ceramiche dalle forme irregolari intitolata DEFORMAZIONE DEL QUOTIDIANO – STRACCI.
Il giorno di apertura della mostra, il M° Luca Miti presenta il suo brano musicale di musica dodecafonica di 5’.
Sonata for strings by Massimo Antonelli
Many years ago, Filippo Centenari, an artist friend of mine from Cremona, gave me a sort of mold that was used to shape violins, a simple rough wooden shape without a handle. It is known that Cremona is the home of violins and luthiers, and he told me: ‘”Here, try to do something with it.” Some time passed and the violin remained attached to the wall of my study. “What will I ever do with a violin, I who have adopted the grater as a means of expression?”. But by an elaborate association of ideas, that violin prompted me to purchase a nutmeg grater, which fit wonderfully on the belly of the crude violin. I found the title SONATA FOR STRINGS, a metaphorical cry of anger against the social and political malpractice that has prevailed on our planet in recent years. From that violin I made a plaster mold and made clay shapes from it. I made eighteen violins, enamelled in different colors. I exhibited them at a collective exhibition entitled FUORI GIOCO.
After many years, Lillo Bartoloni invites me again to exhibit at the Besso Foundation. “Please note, all ceramic!” she exclaimed before waving at me.
“How beautiful, absolute freedom,” I thought, and my mind went to violins. Over time I had created quite a few, and I liked the idea of bringing the installation to the center of Rome, to Largo Argentina, a lot, I thought it was a good idea. I’m not sure why, maybe the traffic, the buildings, the screeching of the city… But there was something else knocking on my mind, but I didn’t yet grasp what. But as had already happened to me years before, the ideas come together, and from behind the knocking door the Portico d’Ottavia, the Jewish ghetto, appeared to me. The violins, the Jews…. I take out my fifty-six enamelled clay violins that I had built for a provocative event, but which had nothing to do with the Shoah. And instead it was the Shoah that was coming from my violins. I began to delve into the history of Holocaust violins. I read the tragic fates of the characters linked to the violin of Auschwitz, and the story of the Collin-Mézin, kept in the Civic Museum of Cremona (look at the coincidence, Cremona again!).
I return, dazed and in disbelief, to my violin exhibition. As in the past, the exhibition will be called SONATA FOR STRINGS like the title of the installation, but it will have an added meaning, one that recalls the Shoah.
The installation in the second room collects ceramics with irregular shapes entitled DEFORMATION OF THE EVERYDAY – RAGS.
On the opening day of the exhibition, Maestro Luca Miti presents his 5′ piece of twelve-tone music.
SHALOM di Tonino Pinto
Dal cinema alla scultura e alla muta “sonata”, la mostra di Massimo Antonelli è un altro film che si avvicina alla pagina della Shoa. Il suo “grido”, già presente nel suo messaggio artistico, viene toccato dalle ombre, e attraverso le metafore, presenta questa “sonata” di pace di cui, oggi ancora di più, si ha sempre bisogno. Gabriel Garcìa Màrquez, scrisse che “la memoria del cuore elimina i cattivi ricordi e magnifica quelli buoni, e grazie a questo artificio, siamo in grado di superare il passato”.
Ma non è così per tutti, i cuori sono diversi e le sensibilità anche. Per rimanere in tema violinistico, ognuno ha le sue corde. Il passato deve essere presente in ognuno di noi e questa “sonata” di Massimo Antonelli lo dimostra.
Forme in creta smaltate lucide o opache, coloratissime e brillanti, sembrano tendere la mano e dirci che le grida si possono trasformare in canto, ma non per dimenticare, ma per ottenere una dovuta memoria di ciò che è stato e che non deve ripetersi. È di cronaca, la ottantacinquenne Yocheved Lifshitz, prigioniera di Hamas, che un attimo prima di essere rilasciata, si è voltata tendendo la mano al suo carceriere, e gli ha detto Shalom, pace.
Nonostante il dolore delle punte della grattugia, la musica del violino laccato sembra fare lo stesso.
SHALOM by Tonino Pinto
From cinema to sculpture and the silent “sonata”, Massimo Antonelli’s exhibition is another film that comes close to the Shoa. His “cry”, already present in his artistic message, is touched by the shadows, and through metaphors, he presents this “sonata” of peace which, today even more, we always need. Gabriel Garcìa Màrquez wrote that “the memory of the heart eliminates bad memories and magnifies the good ones, and thanks to this artifice, we are able to overcome the past”.
But this is not the case for everyone, hearts are different and so are sensitivities. To stay on the violin theme, everyone has their own strings. The past must be present in each of us and this “sonata” by Massimo Antonelli proves it.
Glossy or opaque, very colorful and brilliant glazed clay forms seem to reach out and tell us that shouts can be transformed into singing, but not to forget, but to obtain a due memory of what has been and what must not be repeated. It is in the news that eighty-five-year-old Yocheved Lifshitz, a Hamas prisoner, turned around and held out her hand to her jailer a moment before being released, and said Shalom, peace to him.
Despite the pain of the grater tips, the music of the lacquered violin seems to do the same.