4 italiani a Lisbona di Nori Zandomenego

4 italiani a Lisbona di Nori Zandomenego

Massimo Antonelli, regista cinematografico, presentatore ed autore televisivo, oggi un artista conosciuto e molto apprezzato sul territorio nazionale. Già da diversi anni ha trovato nella grattugia l’oggetto che simbolicamente sintetizza e si fa testimone del suo tormento esistenziale. Le città, o meglio i palazzi che le grattugie diventano nelle sue opere, sono scorci urbani desolati, privi di vita, di rumori, di suoni, ma contemporaneamente questi edifici sono gonfi della sua anima tormentata, imprigionata in case dalle pareti che graffiano, feriscono, e fanno sanguinare. Un’anima imprigionata, costretta e vincolata entro lo spazio tridimensionale ma limitato delle sue istallazioni.
I materiali utilizzati da Antonelli sono le lamiere smaltate, monocromatiche o a pi colori e le grattugie di alluminio anch’esse smaltate di diversi colori. Le grattugie dunque erette a simbolo di angoscia esistenziale nella società contemporanea suggeriscono, proprio attraverso il colore, la speranza di un futuro nel quale una società civile migliore di oggi possa ospitare gli esseri umani che sopravvivranno o da questa nasceranno.
Lo sfondo delle sue istallazioni, che diventa al contempo l’orizzonte delle sue città, suggerisce il tramonto di un’era, ma anche l’alba di un epoca nuova.
La grattugia, ossia un elemento comune che chiunque possiede ed utilizza, dall’artista usata come tassello di un puzzle o il pezzo ad incastro di una costruzione, nelle sue opere l’elemento portante, che smettendo l’utilità pratica della sua origine, e diventando parte di una composizione d’arte, diventa di fatto e visivamente per chiunque la protagonista indiscussa dei suoi oggetti d’arte. Le sue composizioni sono dei giocattoli, all’interno di una qualsiasi scatola l’artista può ogni volta alternare colori, sovrapporre ed espirare grattugie, togliere e mettere, ogni volta ricreare, rimodellare, iniziare un nuovo racconto, un nuovo mondo.

4 Italians in Lisbon by Nori Zandomenego

Massimo Antonelli, movie director, television author and presenter, is nowadays a well-known and appreciated artist in Italy. For a coulpe of years now he has found in the grater the object that symbolically synthesizes and testifies his existential suffering. The cities, or better buildings that the graters become in his works, are desolate urban views, devoid of life, noises, sounds, but at the same time these buildings are swollen with his tormented soul, imprisoned in houses with walls that grate, wound , and make one bleed. An imprisoned soul, forced and restricted within athree-dimensional space limited by its installations.
The materials that Antonelli uses are enameled metal sheets, mono or polychromatic, and the aluminum graters also enameled in several colours. The graters erected as symbol of existential anxiety in today’s society suggest, through their colors, the hope of a future in which a better civil society may offer hospitality to human beings that survive or will be born of it.
The background of his installations, that becomes at the same time the horizon of his cities, suggests the sunset of an era, but also the rise of a new time.
The grater, or a common element that everyone has and uses, is used by the artist as a piece of a jigsaw puzzle or the fitted piece in a construction, in his works it is the carrying element, that giving up the practical utility of its origin, and becoming a part of a work of art, becomes in fact and visually for everybody the undisputed protagonist of his art objects. His compositions are toys, inside any box the artist can each time alter the colours, put graters one on top of the other or pile them up, add and subtract, each time create, remodel, begin a new table, a new world.